Il digitale, per la civiltà umana, ha lo stesso valore che ha avuto la scoperta del fuoco.
Nel nostro articolo ci siamo lasciati con questa riflessione:
Tanti punti di domanda che hanno una sola risposta: mettiamoci in discussione e assumiamoci la responsabilità di prendere le misure a noi stessi secondo la nuova metrica che il diverso corso del tempo porta con sé.
Dunque, il punto di sintesi è: mettersi in discussione e definire una nuova metrica, per prendere le misure a noi stessi, alle nostre aziende e alla mutevolezza di questo tempo, spinta dal digitale.
In Italia siamo fuori tempo rispetto alla velocità del mondo. Siamo in ritardo. Non facciamo in tempo a riorganizzarci perché siamo sfasati con il nostro tempo nell’adozione delle tecnologie e delle tecniche che migliorano la profittabilità delle nostre aziende.
L’esperienza pandemica ha cambiato il ritmo di battuta del nostro “vogare” nell’imprevisto scenario di grande cambiamento a livello planetario e ci ha costretto a riconsiderare, ripensare e riprogettare la densità e l’intensità delle relazioni interpersonali, i sistemi economici generali e d’impresa, i sistemi organizzativi, i sistemi sociali e politici.
In questo contesto, ciò di cui imprenditori e manager devono maturare con urgente consapevolezza, è il fatto che ci troviamo da anni nel pieno di una rivoluzione industriale: la quarta.
Sebbene il Covid abbia prodotto un effetto di accelerazione sulla rivoluzione digitale, questa è stata ignorata nella sua ineludibile portata di contribuzione positiva al cambiamento e allo sviluppo delle organizzazioni d’impresa e della cultura imprenditoriale.
I programmi del Modello Europeo DigComp 2.1 e il programma Industria 4.0 rimangono ancora generalmente inattuati e ignorati dalla gran parte dell’imprese, per lo più piccole e medie, e sottovalutati nella riprogettazione di processi produttivi e gestionali.
L’effetto di un “acceleratore” spinge la dinamica degli avvicendamenti della Storia delle rivoluzioni industriali, produce l’effetto di alzare il livello della pressione sull’impellenza a provvedere all’adozione, introduzione e sviluppo di processi di educazione digitale.
Gli storici hanno studiato che la dinamica della successione delle rivoluzioni industriali, dalla prima alla terza, è stata di 80-100 anni, invece dalla terza alla quarta sono bastati solo 40-50 anni. Si è compreso che, da questo momento, i tempi di successione saranno più brevi, più fluidi, più sfocati, non marcati e muteranno il significato di cambiamento: non più rivoluzione discontinua, non più serie storiche a segnare il cambiamento tecnologico di un’epoca, ma evoluzione continua.
In questo contesto ha senso parlare di cambiamento continuo ed è in questo che ha senso parlare di capacità di adeguare la propria mentalità alla continua mutevolezza delle condizioni e dei contesti.
La tecnologia, che favorisce la tessitura risolvendo i problemi creati dal legame generato tra l’accelerazione provocata dalla pandemia e la nuova rivoluzione industriale, è già a nostra disposizione nelle nostre mani e si chiama “Digitale”.
Allora perché tanto ritardo?
Perché imprenditori e manager non vedono l’urgenza dell’introduzione di nuove tecnologie e diversi modelli di pensiero nei sistemi aziendali?
Perché pensano che gli investimenti intangibili possano aspettare, come se questi fossero indifferenti alla possibilità di contribuire alla determinazione dell’efficienza economica e della competitività?
Per lo più credono di aver risposto a queste domande con la semplice adozione di piattaforme di registrazione dei fatti economici d’impresa per la bilancistica oppure con siti e-commerce o con l’introduzione di dispositivi di monitoraggio delle attività produttive.
Allora, qual è l’elemento mancante per facilitare la comprensione dell’indispensabile necessità di una totale conversione al digitale? Qual è il componente di lubrificazione necessario affinché il sistema da una lenta partenza, finalmente acquisti l’accelerazione necessaria all’agilità e alla velocità che le aziende devono acquisire per reggere la concorrenza e migliorare i fattori della gestione contributori al risultato finale d’impresa?
È un elemento che fisicamente non si vede, non si tocca, ma che tuttavia si può misurare e sviluppare riconoscendolo come “strumento” indispensabile a prevedere, affrontare, gestire e riconoscere i cambiamenti. Non attiene alla logica dei sistemi informatici, ma, come ci spiegano gli psicologi, alla nostra capacità soggettiva di osservare e cogliere cosa di significativo accade nell’ambiente, sia quello attorno a noi che quello lontano, di intuire quali sono le possibili conseguenze di cambiamento dello status quo e di anticipare gli effetti adottando azioni preventive.
Fare impresa con una diversa mentalità imprenditoriale.
Elemento che rende grande o mantiene piccola una figura imprenditoriale.
Questo elemento è come una macro-molecola, composta dai legami di più atomi.
Conosciamo il nome di questo elemento: “mentalità”.
La mentalità attiene alla forma della mente, al modo di pensare, di vedere le cose, alle abilità soggettive per affrontare le situazioni nuove e alla capacità di porsi obiettivi significativi e la tenacia nel raggiungerli.
La mentalità ha una porta che “apriamo” o “chiudiamo” in ragione degli eventi che dobbiamo giudicare e attraverso cui far passare le risorse necessarie. La porta che si chiama “apertura mentale”.
L’apertura mentale in ambiente digitale, è la capacità di riuscire a vedere e considerare le cose da più prospettive, attraverso l’integrazione di competenze manageriali sfruttando le tecnologie digitali. È l’attitudine a condividere le decisioni degli altri e ad accettare le critiche alle proprie, adottando i paradigmi mentali del digitale.
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Consigli agli users – Lettura raccomandata
Volare digitale. Gorvernance e Competenze per una trasformazione senza confini. Maria Grazia De Angelis, NeP edizioni (2021)