Pubblicato su LAB-Oratoria di novembre 2020, newsletter di AIDP LAZIO.
Il tempo cambia le cose. Le cambia con lentezza ma con certezza.
La nuova economia oggi è più imprenditoriale: imprenditori e manager condividono la missione di fare impresa.
L’irrompere della potenza delle soft skill manageriali per il conseguimento degli obiettivi aziendali induce a pensare che la gerarchia perderà sempre più il primato di regola organizzativa.
Si producono nuove tecnologie, si modificano profili professionali, si realizzano nuovi stili relazionali e di direzione capaci di determinare l’efficienza economica delle imprese. Si sviluppano nuovi modelli di pensiero di gestione manageriale: nuove mentalità, ovvero nuovi mindset per l’imprenditore/CEO, HR Manager e per tutto il management.
La mentalità manageriale flessibile è il nuovo talento. Flessibilità intesa come l’attitudine all’adattamento e a rimodellare la gerarchia dei valori personali, le proprie motivazioni e i progetti di vita e professionali su quelli della strategia d’impresa.
La mentalità flessibile, come componente fondamentale su cui poggia il senso della competenza manageriale, prepara all’apertura mentale che è dunque la dote che facilita un manager ad accettare il cambiamento di idee, vedere le cose dal punto di vista degli altri riconoscendone la validità e renderle proprie per migliorare la performance individuale e di impresa.
Convincersi della necessità della condivisione e dell’accettazione di logiche d’impresa focalizzate sulla necessità di adattamenti continui del proprio mindset al variare delle condizioni di contesto economico o di business che richiedono continui ripensamenti di strategia del Vertice Aziendale.
Tutto ciò che resiste, rallenta o si sottrae al cambiamento diventa un problema.
L’allineamento manageriale è dunque la competenza necessaria. Il manager deve essere educato a condividere le idee del Vertice nell’attuazione della strategia volta alla realizzazione degli obiettivi di business.
Il management deve vedere le cose e volerle allo stesso modo del CEO, deve condividerne la visione e adattare a questa la propria forma mentale.
Il manager non sostituisce il CEO, ma un po’ lo è.
L’allineamento manageriale è necessario a imbrigliare e convogliare tutte le risorse e energie manageriali verso la strategia del Vertice Aziendale.
Il disallineamento si manifesta attraverso fenomeni in cui le azioni di management e quelle delle funzioni organizzative sono scollegate tra loro, dispersive, operano come unità isolate – arcipelago organizzativo – sotto la guida autonoma di un management preoccupato più della realizzazione degli obiettivi di budget della propria funzione che del risultato finale d’impresa.
Una mentalità poco aperta e non flessibile conduce a pratiche di management non convergenti con le strategie delineate dal Vertice.
Un management dunque che esegue i compiti del proprio ruolo più in uno spirito di mera esecuzione che con una mentalità imprenditoriale.
L’allineamento è dunque una competenza che va esplorata e rilevata attraverso strumenti di misurazione “quantitativa e per contrasto” che indichino la tendenza, l’attitudine e il potenziale del manager a vedere e volere le cose allo stesso modo dell’Imprenditore, dell’AD o del CEO.
Il cardine del sistema diventa l’HR Manager: meno gestore, più diagnostico.
L’HR Manager ha quindi la necessità di uno strumento esplorativo utile a svolgere le diagnosi organizzative volte a rilevare i gap di soft skill e personalità in chiave di allineamento e, quindi, a progettare programmi formativi e di sviluppo ad hoc, anche individuali, ed esperienze di coaching per il potenziamento di quei fattori necessari al potenziamento di una mentalità imprenditoriale.
Dunque una formazione sulle soft skill non più su temi generali, ma tailor made sui gap specifici di ruolo organizzativo.
Uno strumento che misuri non solo il livello di allineamento individuale ma, attraverso un’elaborazione aggregata dei singoli profili, tracci la mappa di quello collettivo dell’intero schieramento manageriale.
Poiché tutto è sempre in movimento, ogni parte del tutto deve essere soggetta ad una pesatura metrica delle attitudini e delle tendenze naturali dei manager. Ciò facilitare processi di rinnovamento di se stessi, di adattamento dei propri comportamenti organizzativi ai diversi modi di pensare l’azienda e il business richiesti dai continui cambi di strategia.
Lo strumento di diagnosi in mano all’HR Manager è un test che ha l’obiettivo di misurare quanto il singolo manager, relativamente al ruolo ricoperto, sia “allineato” alla mentalità del Vertice Aziendale.
Non esiste un profilo migliore, il test non valuta la qualità del comportamento organizzativo dell’Imprenditore, del CEO o dei manager, ma lo confronta con un campione internazionale – di benchmarking – di figure analoghe che esprimono soft skill e tratti di personalità che caratterizzano gestioni aziendali di successo.
Il risultato a cascata misura per confronto la prossimità di comportamento organizzativo, per i fattori di soft skill e tratti di personalità del singolo manager, al proprio Vertice Aziendale.
Fra tutti i fattori caratteristici di soft skill e di personalità, come strumento diagnostico il test analizza quelli che definiscono l’apertura mentale del manager in chiave di allineamento imprenditoriale.
Le dimensioni che il test elabora:
Le dimensioni di soft skill – vedere il futuro, capacità di generare nuove idee e realizzarle realizzative, fiducia in sé, perseveranza nell’execution manageriale, sensibilità interpersonale e ottimismo.
Le dimensioni di personalità – accettazione del rischio in condizioni di incertezza, orientamento all’azione, vivere in modo stimolante e con passione il proprio ruolo, livello di indipendenza e autonomia, preferenza per strutture organizzative e processi non complessi e poco formali, bisogno di autorealizzazione.
La misurazione del test vale in funzione dei fattori di soft skill e personalità di volta in volta valutati indispensabili dalle deliberazioni della nuova strategia aziendale.